domenica 26 febbraio 2012

Il Bundle Di Matisse.

Quanto sono simpatico con questi titoli.

Era un po' che non scrivevo... O meglio, era un po' che non scrivevo qui. In effetti era da Dicembre che mi promettevo di scrivere rimandando sempre ad un mal imprecisato "Domani!", però stavolta ci sono.

E' quasi il mio noncompleanno, nel senso che è quasi un anno che sono guarito definitivamente e appendo in giro i manifesti su questa cosa manco avessi compiuto chissà quale impresa eccezionale.
Ne ho avuto conferma rileggendo alcuni vecchi interventi proprio qui, sul diario di bordo.
Adesso me la vivo bene. Diciamo pure che non me ne frega un cazzo.

Avete presente Armonia In Rosso? Ecco, sono così. Piatto, monocromo, abbozzato, dipinto, scolorito, ridipinto, cambiato, coloredimerdanonmipiaceticambiodinuovo ma sostanzialmente piacevole alla vista e gradevole al gusto.

Ho trovato il bandolo della matassa, ho iniziato a lavorarci, ho fatto un maglione e ora vado in giro a sfoggiarlo.

Quanto cazzo è figo il mio maglione.

Ciao.

venerdì 2 settembre 2011

S = sen(A)

Deformazione professionale, mica tanto professionale.
Ho ricominciato a razionalizzare, mi sono detto "Sviluppa un metodo e applicalo" e così sto facendo ma a quanto pare non ho tenuto conto del tempo necessario per vederne i frutti. O magari i frutti li ho anche avuti, non me ne sono accorto e sono marciti. Che culo.
Noterete, noto... Beh insomma, appare chiaro che anche lo stile e la scrittura in un certo senso ne abbiano risentito. Forse sono più diretto, con meno fronzoli. Forse non mi preoccupo più di cosa dovrebbe essere ma bado a ciò che è, ovvero nulla. E' come se in fondo non me ne fregasse niente neanche di stupirmi, parto dal presupposto che so farlo, non devo dimostrare nulla a nessuno, tantomeno a me stesso.
Noto tra l'altro che per la prima volta mi sto rivolgendo a qualcuno e non sto sparando frasi contorte apparentemente a caso davanti a un monitor come è mio solito. Non ho più bisogno di analizzarmi, sono confidenze.
Ciao ciao Zeno, Silas ha capito il trucco.

In ogni caso volevo parlare di una cosa, deformazione professionale mica tanto professionale, dicevo. Avete presente le funzioni trigonometriche?
Si dai, come quella cazzata che ho usato come titolo.
Tralasciamo da dove vengono, devo fare un esempio. Si possono usare per descrivere l'oscillazione di un pendolo, questo ci basta.
Al liceo ogni volta che si parlava di Schopenhauer si citava la solita cosa del pendolo che oscilla tra dolore e noia, l'ho sempre ritenuta una bella immagine, perfetta per riassumere i concetti cardine del sistema in questione.
Oggi ho voglia di modificarla adattandola al mio discorso.
Ho questa fissa dell'alter ego (Non si era capito eh?) che è molto comoda per schematizzare istantaneamente i diversi approcci alla vita che si hanno. Una parte di me farebbe in un modo, l'altra parte probabilmente farebbe l'opposto.
Ok, l'avete letto il titolo? Non è che l'ho scritto solo perché è obbligatorio.
La mia metà irrazionale, amorale (Inesistente, diranno alcuni) è, come ovvio, frutto dei cambiamenti, delle esperienze e delle strade percorse dalla metà razionale, riflessiva, quella predominante, forse.
Il discorso adesso è semplice, più o meno.
Ci sarà un momento in cui S e A coincideranno pur lasciando verificata l'equazione, chiamiamo questo momento Punto Zero.
Bene, riprendiamo adesso Schopenhauer.
E se il pendolo oscillasse tra noia e noia? E se quindi l'andamento fosse perfettamente circolare, con inizio e fine che coincidono? Allora potremmo rappresentarlo con una funzione come quella del titolo.
Bene, cosa succederebbe al Punto Zero? E' facile elencare cosa c'è oltre la noia nella vita di ognuno. Ma cosa c'è al Punto Zero?

Forse sono al Punto Zero e non so cosa cazzo è.

mercoledì 27 aprile 2011

Due.

Scese dall'autobus a occhi spenti, la luce delle vetrine era accecante. Il manichino lo fissava indifferente, avrebbe dovuto darsi una ripulita prima di poter rientrare in un posto del genere, i manichini non sarebbero stati molto cortesi nei suoi confronti. Imboccò un vicolo piastrellato di sampietrini lucidi per la pioggia da poco cessata, tenne la destra sostenendo il muro di una casa rivestita di pietra che faceva da guida in quel decadente labirinto metropolitano.

"Ancora cinquanta metri per dare inizio allo spettacolo", non si limitò a pensarlo, era necessario che se ne convincessero anche il cielo e il cane randagio che rovistava nel bidone dell'immondizia. Si fissarono per un attimo, tra animali ci si capisce anche quando non si capisce chi sia il più animale dei due. Proseguì a sinistra con lo sguardo fisso verso un vecchio portone di legno, tirò fuori la chiave dalla tasca della giacca di pelle. Sull'impugnatura l'incisione lampeggiava alla luce di un lampione mezzo fulimato che sporgeva da sopra l'ingresso: Accipio Omen. Si guardò intorno, nessuno lo seguiva, nessuno avrebbe mai immaginato l'esistenza di quel posto. Inserì la chiave nella toppa e la pesante serratura scattò come felice di porterlo fare di nuovo dopo quei cinque lunghi anni. Richiuse il portone alle sue spalle e si mosse a memoria, il buio lo stava inghiottendo mentre si dirigeva verso il quadro generale. Le luci si accesero, tutto era come l'aveva lasciato. Svuotò le tasche su un tavolo in legno. Un pacchetto di Marlboro Light, un accendino da due soldi, la chiave del portone d'ingresso e il portafogli. Gettò la giacca sul divano e si sedette con un mezzo sorriso compiaciuto sulle labbra, con gli occhi che riprendevano vita come se si fosse appena appeso una flebo di determinazione al braccio. Prese il telecomando dello stereo, il basso di Roger Waters invase l'aria. L'ultima volta che One of These Days aveva suonato tra quelle mura aveva ancora una vita che si potesse definire tale. L'ultima volta che aveva potuto definire tale la sua vita era stato cinque anni prima, cinque anni trascorsi sotto Remifentanil nel buco di culo meno accogliente dell'universo.

Si toccò istintivamente l'interno del braccio sinistro, ancora irritato. Spense lo stereo dopo l'entrata di Nick Mason, indossò la giacca e accese una sigaretta dirigendosi verso l'armadio in legno. Aprì entrambe le ante e prese la vecchia Mateba avvolta ancora nella camicia bianca sporca di sangue che indossava quella notte, nonostante fosse impossibile se ne sentiva ancora il fetore addosso. Si riempì le tasche di .357, una portata di fuoco tale da meritarsi novanta ergastoli e si guardò allo specchio inanellando il riflesso del suo volto col fumo. Era ora di andare a far visita ad alcuni vecchi amici, il karma andava aiutato.

sabato 12 marzo 2011

Uno.

Si reggeva in piedi aggrappato al lampione della fermata del bus. Spense la sigaretta del vicino con lo sguardo, un mozzicone che vola in mezzo alla strada e la testa che gira più di una giostra. In fondo non era nulla di così diverso dal solito, a volte le crisi di coscienza e a volte quelle di astinenza... Ad ognuno il suo. Se gli ognuno coincidono è un problema, i difetti del bipolarismo: tutti vincono, tutti perdono. Lui vinceva e perdeva continuamente tentando di reggere in equilibrio i piatti di una bilancia di polvere, basta un soffio.

Salì sul bus, una vecchia dai denti marci lo squadrò da capo a piedi serrando le mani intorno alla borsetta. "Tieniti i soldi vecchia, oggi uccido la mia ombra". Il posto in fondo è sempre il migliore ma non sempre, solo quando ci si illude sia sempre così. Quando hai lo stomaco che ticchettìa come una bomba ad orologeria è meglio tenersi pronti ad una discesa fulminea. Compromesso, il posto a metà bus.

...la testa gira frà, la testa gira...

Pollice sul controller del volume, al massimo. Cuffie schiacciate dentro, a toccare l'ipotalamo. Testa che esplode, pezzi di cranio sui finestrini, materia cerebrale sulla tappezzeria dei sedili. Urla di gente spaventata, la vecchia che scende dall'autobus inorridita e l'autista che chiama un'ambulanza. E' tutto nella tua testa.

"Stupida vecchia, continua pure a guardarmi. Non sarò io, non sarete voi, non sarà questo fottutissimo autobus del cazzo a togliermi di mezzo. Oggi uccido la mia ombra."

lunedì 28 febbraio 2011

Dando Tempo Al Tempo.

Ho rivisto un VHS che devo aver registrato qualcosa tipo quindici anni fa. Fa uno strano effetto vedere vecchie pubblicità, sentire "A sole 3000 Lire!" nello spot del MacDonald, attori abbandonati nel dimenticatoio e la scritta Fine Primo Tempo in bianco su fondo nero. Non era Ritorno Al Futuro ma mancava solo la Delorean. Niente viaggi nel tempo, purtroppo.

Istante per istante scatto fotografie e le crocifiggo al muro, non ne esci neanche recitando tutta la Bibbia in Moldavo. E la cosa è fastidiosa, perché anche se vuoi mettere la freccia e prendere la prossima uscita c'è sempre qualcuno che ti taglia la strada e ti obbliga a proseguire dritto. A volte è un bene, serve l'aiuto del pubblico per resistere alle tentazioni ma in fondo l'unica cosa che puoi fare è sperare che la prossima uscita non sia in fondo così lontana da quella precedente. Sempre che tu voglia tornare indietro. Tutti vogliono tornare indietro. Io no. Niente viaggi nel tempo, per fortuna.

Che poi a me non piace viaggiare per andare da qualche parte, mi piace viaggiare per muovermi, per andare da un posto all'altro. Appena arrivato potrei anche riprendere la via del ritorno e di nuovo all'infinito. Se potessi viaggiare nel tempo non sceglierei di vivere in altre epoche, mi limiterei ad osservare e riflettere. Cambierei poco, ordinerei un'altra pizza in certe situazioni per evitare di lasciarla e farei un giro alla SNAI, basta. Per il resto mi limiterei a rendere più efficace, cronologicamente parlando, l'espressione Avanti e Indietro. Nel bene e nel male lascerei immutato il resto... Perché in fondo a stare sul fondo ci godo. Niente viaggi nel tempo, e tu?

domenica 14 novembre 2010

Frammenti.

[12/11/2010 - Ore 17.42]
E' maniacale. Ogni volta che esco con la valigia, diretto in stazione per tornare a casa, finisco sempre per ascoltare gli stessi pezzi. Ogni singola volta... Finirò per odiare All These Things I Hate e Daylight. A Napoli è il turno di Tempo Critico e a Messina di Aspettando Il Sole. E' una cosa piuttosto noiosa alla lunga ma non posso fare a meno di farla, tutto sembrerebbe quasi incompleto e fin troppe cose lo sono già adesso, grazie.

[12/11/2010 - Ore 22.30]
Ma certo, fermati. Tu fermati, fammi perdere la coincidenza e poi dovranno santificare altri trecentosessantacinque poveri stronzi per permettermi di bestemmiare quanto basta... Ah ecco, si riparte. Con le buone si ottiene tutto. Non è vero, incazzatevi: serve sempre.

[12/11/2010 - Ore 23.47]
Questa mi ha rotto il cazzo. No, non me ne strasbatte nulla di calcolare il mio ascendente, credo riuscirò a vivere anche con questa gravissima mancanza. No, non siamo amici, non mi stai simpatica e non trovo interessante il motivo del tuo viaggio abusivo di merda. Ora scendi e togliti dalle palle. Mal di testa al cubo.

[13/11/2010 - Ore 1.45]
Mi specchio e l'immagine riflessa non è il mio volto ma un'ombra sbiadita. Gli occhi incavati, la pelle grigia. Ho un filtro tra le labbra, la mia dose notturna di nicotina non me la toglie manco Cristo, figuriamoci un controllore che ha solo voglia di chiudersi nel suo scompartimento. Chiudo a strappo e scatta l'accendino. Il fumo attivo mi basta, posso risparmiarmi quello passivo. Se premo il pulsante verde davanti a me si apre lo scarico del gabinetto, la depressione che si viene a creare basta a far andare via il fumo. Premo il pulsante cinque o sei volte in totale. Meglio uscire e provare a dormire almeno un paio d'ore.

[13/11/2010 - Ore 2.50]
Ho ascoltato un album intero, finito tre sabot a Blackjack, scoperto cinque nuovi elementi in Alchemy... Non so più cosa farci con 'sto cazzo di cellulare. Stavolta dormo sul serio.

A quel punto mi sono disconnesso dalla realtà e ho iniziato la mia personalissima guerra con la cervicale, il sedile, il sedile di fronte, la tendina, la porta... Il tutto dormendo. Al risveglio mi trovavo già a Messina. La bocca con quel poco gradevole retrogusto misto a tacchino e tabacco. Ho afferrato dallo zaino l'ultimo toast alla Nutella. Sembrava un pezzo di compensato. Ho scoperto che con della Nutella saprei mangiare tranquillamente un quadrato di compensato 10x10. Quattro chiamate senza risposta, cazzo. Per fortuna ormai è finita.

giovedì 30 settembre 2010

Il Paradosso Del "Vorrei Ma Non Posso".

Volevo riassumere gli ultimi due mesi, volevo scrivere un intervento in grado di riassumere i pensieri e i cambiamenti degli ultimi due mesi. Poi mi sono reso conto di non essere in grado, avrei dovuto immortalare ogni pensiero all'istante.

Ogni volta che archivio un pensiero per rielaborarlo nei giorni successivi mi ritrovo poi a cercare di cavare sangue da una rapa, si perde quella magia... Quella dell'istante, delle parole fluite a caso in successione, decise sul momento battendo sui tasti il più velocemente possibile per non perdere il filo. Volevo parlare di Lei, di una lei qualsiasi, del mio ego che s'è ripreso con gli interessi dalle cose accadute nell'ultimo anno. In generale volevo parlare con me stesso e basta, raccontarmi qualcosa per cui valesse la pena rimanere a leggere cose che so già, ma che mi rendo conto di sapere solo quando le ritrovo scritte sullo schermo del computer. Volevo parlare con qualcuno che si facesse i cazzi miei, perché in generale negli ultimi tempi ho ascoltato tanto e parlato poco, ascoltato tante cazzate dicendone poche. Il ché è strano. Per carità, sono sempre stato un buon ascoltatore, ma in questo momento mi sento più una spugna... Ho assorbito così tanto da ciò che ho intorno da non riuscire a metabolizzare i miei cocktail emozionali, tanto da non riuscire a scrivere nulla che mi piaccia realmente, che mi faccia sentire ralmente soddisfatto. E' una sensazione che ho già provato, so già che passerà prima o poi ma è fastidiosa. Volevo semplicemente ritornare alle mie stranezze, alle mie spedizioni suicide nei meandri della mente. Volevo tornare ad avere la capacità di parlare in un certo modo di certe cose ma poi ho notato che quando parlo di certe cose in un certo modo lo faccio perché ho il morale non a terra ma in un buco nero.

Per scrivere ed essere soddisfatto devo stare male. Essere felice del presente è una condizione piacevole ma incompleta proprio a causa della mancanza di soddisfazione derivante dalla scrittura. Stare male per stare bene, Cristo che schifo.